Uncanny Valley, che cos’è

Giappone, 1970. L’ingegner Masahiro Mori, professore al Tokyo Institute of Technology, venne contattato dalla rivista Energy per scrivere un breve articolo destinato ad una imminente edizione dedicata alla robotica. Per garantire un approccio serio e multidisciplinare al tema, Mori partecipò a una tavola rotonda organizzata con un eterogeneo gruppo di studiosi che comprendeva, tra gli altri, uno scrittore di fantascienza e un filosofo: i risultati scaturiti da questo incontro furono utilizzati da Mori sia per la stesura del suo articolo che per un processo introspezione e riflessione personale.

In quegli anni, tra le mura del Tokyo Institute of Technology, veniva infatti messa a punto una innovativa mano robotica dalle sembianze realistiche e capace di compiere alcuni semplici movimenti. Nell’osservarla, Mori realizzò ben presto che questo artefatto provocava in lui un certo presentimento d’inquietudine, sensazione che assomigliava ad alcune paure che aveva provato da bambino in situazioni analogamente ambigue.

Con uno straordinario processo di deduzione, Mori riuscì a tracciare un fil rouge tra le sue esperienze del passato e del presente, proponendo così un unico, semplice concetto che oggi conosciamo con il nome di valle del perturbante o uncanny valley.

Secondo l’idea proposta da Mori, è possibile valutare la risposta emotiva di una persona, definita senso di familiarità, nei confronti di robot e automi con diverso grado di realismo, inteso come somiglianza con un essere umano o parti di esso. Questa reazione può essere rappresentata graficamente con una curva: all’aumentare del realismo si ha un proporzionale incremento della familiarità, con massimi valori ottenuti solamente nel caso di robot idealmente indistinguibili in tutto e per tutto da una persona reale. Questa tendenza presenta tuttavia una brusca interruzione qualora siano raggiunti ma non superati determinati livelli di realismo, con un’inversione della curva che porta la familiarità sulla linea dello zero e poi verso valori negativi.

Aldilà delle valenze psicologiche, oggi la valle del perturbante è tenuta in larga considerazione da parte degli animatori, degli esperti di computer grafica e dagli ingegneri che realizzano robot antropomorfi.